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FAKE: “La procedura d’infrazione Ue è colpa del Pd”

Pier Paolo Filippi 11 June 2019
FAKE: “La procedura d’infrazione Ue è colpa del Pd”
Dare la colpa dei problemi a chi c’era prima è da sempre la scorciatoia preferita da parte di chi assume responsabilità di governo, di una città come di uno Stato, per non rispondere delle proprie responsabilità. E il vicepremier Luigi Di Maio, alle prese con il difficile dialogo con l’Unione europea per evitare una manovra correttiva, non ha fatto eccezione. Lo scorso 5 giugno, dal suo profilo Facebook, il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro ha infatti scritto che l’eventuale apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione Ue “riguarda il debito prodotto dal Partito democratico nel 2017-2018”. In realtà, come scrive Pagella Politica, le cose non stanno proprio così perché a smentirlo sono le stesse parole della Commissione di Bruxelles. Nella relazione tecnica del 5 giugno, la Commissione accusa l’Italia di non aver rispettato i parametri europei per ridurre il debito pubblico, il cui rapporto con il Pil (in base ai dati Eurostat di aprile 2019) nel 2018 "è aumentato al 132,2 per cento (dal 131,4 per cento nel 2017), sopra al parametro del 60 per cento". Da parte sua, il governo italiano nel Def dello scorso aprile ha previsto che il rapporto debito/Pil del nostro Paese salga "dal 132,2 per cento del 2018 al 132,6 per cento a fine 2019", per poi scendere "al 131,3 per cento nel 2020". Numeri che però vengono contestati dalla Commissione, secondo cui il rapporto debito/Pil del nostro Paese supererà il 133,7 per cento nel 2019 e il 135,2 per cento nel 2020. Circa le​ cause, Bruxelles indica in particolare le decisioni del nuovo governo giallo verde. Ad esempio, l’aumento del debito pubblico nello scorso anno è imputabile, tra le altre cose, all’aumento dei costi registrato da maggio 2018 per il servizio del debito pubblico, ossia per quanto lo Stato italiano ha dovuto spendere di più in interessi (circa 2,2 miliardi di euro) per convincere gli investitori a comprare i suoi titoli di Stato, in un clima di crescente sfiducia nei mercati.  Per il 2019 e il 2020, invece, l’eccessivo aumento del rapporto debito/Pil è dovuto, tra le altre cose, a stime più prudenti sulla crescita del Pil; a ricavi dalle privatizzazioni più bassi di quelli attesi; e agli effetti dei nuovi provvedimenti approvati dal nuovo governo – tra cui “quota 100” – che secondo la Commissione metterebbero in pericolo "la sostenibilità a lungo termine dell’Italia". Riguardo al Pd, indicato da Di Maio come responsabile della situazione, anche se fino a circa metà dello scorso anno è stato alla guida del Paese, la Commissione non traccia un legame diretto tra la raccomandazione di aprire una procedura d’infrazione e l’andamento del debito pubblico italiano tra il 2017 e una parte del 2018, ossia sotto i governi di centrosinistra. È vero che la Commissione Ue ricorda che già il 23 maggio 2018 – quando presidente del Consiglio era ancora Paolo Gentiloni  – l’Italia era stata avvisata di non aver fatto abbastanza per rispettare i criteri sul debito pubblico né nel 2016 né nel 2017, ma l’Ue aveva comunque deciso di non chiedere una manovra correttiva perché nel complesso il criterio del debito era stato comunque soddisfatto (grazie all’adozione di alcune riforme strutturali). Per il 2018, invece, la Commissione aveva raccomandato al futuro governo – poi insediatosi il 1° giugno 2018 – di intervenire in settori come la riduzione della spesa pensionistica e del carico fiscale sul lavoro. Questi suggerimenti però sono stati in gran parte disattesi dall’esecutivo M5s-Lega con la legge di Bilancio per il 2019, approvata a dicembre 2018 e frutto di una lunga trattativa tra il governo Conte e l’Ue