FALSO

FAKE: “Siamo condannati a tenerci 40.000 immigrati che non possono lavorare”

Pier Paolo Filippi 09 June 2019
FAKE: “Siamo condannati a tenerci 40.000 immigrati che non possono lavorare”
Da giugno 2018 a oggi, “abbiamo rifiutato la protezione internazionale a 45 mila persone. Di queste 45 mila, solo 5 mila sono stati rimpatriate. Ci siamo condannati a tenere da noi 40 mila persone che non possono lavorare e contribuire allo stato sociale”. Quando a fornire dei dati è il presidente dell’Inps si tende a fidarsi. Eppure quanto dichiarato a Piazza Pulita su La7 lo scorso 30 maggio da Tito Boeri in parte oltrepassa i limiti della fake news, come ha potuto appurare Pagella Politica, che ha elaborato i dati del Ministero dell’Interno. Da giugno 2018 – mese di insediamento del nuovo governo – a febbraio 2019 (ultimo dato disponibile) sono state negate 45.283 richieste di protezione e sono stati approvati 17.890 permessi tra protezione umanitaria, protezione sussidiaria e concessione dello status di rifugiato. Per quanto riguarda i rimpatri, i dati più recenti del Viminale dicono che da giugno 2018 al 31 gennaio 2019 i rimpatri effettuati verso i paesi di origine sono stati 4.296. Secondo fonti stampa, invece, da inizio anno ad aprile 2019 sono stati 2.143In totale, i rimpatri dunque sono stati circa un migliaio in più rispetto a quanto detto da Boeri, anche se i dati si riferiscono a un periodo di tempo più lungo di quello sui dati sulle domande di asilo. Pagella Politica si è chiesta anche cosa accade a chi riceve un diniego e se questi possano lavorare. Nel 2017, il decreto Minniti-Orlando ha modificato le norme che determinano cosa accade a chi riceve un diniego per la protezione internazionale, eliminando la possibilità di fare ricorso presso la Corte d’Appello. Nel caso in cui il tribunale confermi la decisione della commissione territoriale, il migrante può fare ricorso solamente in Cassazione, dunque può chiedere una sospensione del provvedimento di espulsione che segue al diniego, salvo casi eccezionali. Una sospensione che si applica per tutto il periodo del ricorso. In questo caso, grazie a un permesso di soggiorno temporaneo, il migrante che vede inizialmente negata la sua richiesta di protezione internazionale può continuare a soggiornare legalmente nel nostro Paese fino a un massimo di 10 mesi. Ciò è dovuto al fatto che il tribunale ha fino a quattro mesi di tempo per esprimersi sul ricorso, mentre la Cassazione ha fino a sei mesi. E anche se è difficile stimare quanti ricorsi vengano presentati ogni anno, come scrive Pagella Politica che ha dedicato una precedente analisi al tema, è probabile che molte delle persone che ricevono un diniego facciano ricorso, una statistica peraltro in aumento negli anni, come dichiarato nel discorso inaugurale dell'anno giudiziario 2019, dal primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone secondo il quale i ricorsi presso la Corte inerenti alla protezione internazionale sono aumentati del 550 per cento rispetto al 2016. Il cosiddetto “decreto accoglienza” del 2015 (dl. 142/2015), invece, ha concesso ai migranti la possibilità di lavorare, fintanto che le autorità competenti non si siano espresse definitivamente sulla loro richiesta di protezione. Boeri, in definitiva, ha fornito un dato sostanzialmente corretto relativamente al numero di stranieri cui è negata la richiesta di protezione internazionale, ma sbaglia per quanto riguarda i rimpatri sia per quanto riguarda l’impossibilità per questi immigrati di lavorare, in quanto nulla vieta ai migranti di poter lavorare regolarmente anche dopo che la Commissione territoriale ha rifiutato la loro domanda di protezione e nell’attesa che il caso sia esaminato di nuovo dai tribunali.
Solamente una volta che tutti i ricorsi si saranno esauriti e il provvedimento di espulsione sarà diventato effettivo, il migrante non potrà più lavorare in maniera legale nel nostro Paese.